Per Fede Per Grazia & Per Opere

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PER FEDE, PER GRAZIA E PER OPERE

 

Un altro bellissimo argomento affrontato con i protestanti e quella della sola fede è bastevole per ottenere la grazia il perdono e la salvezza, e tutte le altre dottrine che insegna la chiesa cattolica non servono a nulla.

Ma vediamo attentamente cosa ci dicono le scritture per vedere se hanno ragione loro o la chiesa cattolica.

 

L’opera di Cristo la sua morte e resurrezione infatti ci dona la grazia della salvezza se si crede accettando di osservare i suoi comandamenti. Quando il giovane ricco domanda a Gesù: “Cosa debbo fare per acquistare la vita eterna?” Egli risponde: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 19,16-17). Non dice abbi fede e ti salverai, ma osservare, cioè metterle in pratica i comandamenti nelle opere. Se si cerca nella Bibbia non si trova un solo testo che affermi che si debba insegnare solo ciò che è contenuto nella Bibbia, ma al contrario trovai dei passi biblici nei quali si concedeva la stessa autorità alle dottrine trasmesse per via orale o dalla tradizione. (2 Ts 2, 15; 3, 6; 1 Ts 4, 2; 2, 13; 1 Co 11, 2; 11, 23-24).

 

La fede è importante per credere e accettare Cristo come unico salvatore: Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: “per grazia infatti siete stati salvati” (Ef 2,4-5); 

Per “questa grazia infatti siete salvi” mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio, né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo (Ef 2,9-10). Cioè la fede che Cristo ci dona per la salvezza, in realtà è opera sua che ci spinge a sua volta alle opere in Cristo, e non a vantarsene come se fossero nostre opere!

Perché se uno è in Cristo nella fede è Cristo che opera!

 

In Effetti dice S. Paolo: Dove dunque sta il vanto? È stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.  Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti!  Poiché unico è il Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede.  Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge (Rm 3,27-31).

Spiega la Bibbia il vanto: la parola greca designa l’atteggiamento dell’uomo che delle sue opere si fa un merito, si appoggia su di esse e pretende di realizzare il suo destino soprannaturale con le proprie forze. Atteggiamento biasimevole, perché la giustizia non si conquista, ma si riceve come un dono. E l’atto di fede, più di qualsiasi altro, esclude una simile sufficienza, perché nella fede l’uomo attesta la sua radicale insufficienza. - dalla legge della fede: cioè da una legge che consiste nel credere. Paolo oppone la Legge, «scritta sulle tavole» (2Cor 3,3), e la fede (1,16+), legge interiore incisa nel cuore (cf. Ger 31,33), «che opera per mezzo della carità» (Gal 5,6) e che è la «legge dello Spirito» (8,2). Confermiamo la Legge: lett.: «noi stabiliamo (la) Legge»: solo la fede, che opera mediante l’amore (Gal 5,6), permette alla Legge di raggiungere lo scopo che si prefiggeva, cioè la giustizia e la santità dell’uomo (cf. 7,7+).

 

Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio (Rm 5,1-2). Vedete come qui spiega chiaramente che la fede dono di Dio "opera" come "mediatore" presso la "grazia" che è Gesù Cristo che ci salva. Essa ci giustifica cioè rende giusti col suo sangue donandoci la pace con Dio.

Il significato biblico di giustificazione (in ebraico יכח yâkach; in greco δικαιόω dikaioō) è quello di dichiarare, accettare e trattare come giusto, cioè, da un lato non penalmente perseguibile e, dall'altro, avente titolo a tutti i privilegi che possiedono coloro che osservano la legge di Dio. Si tratta quindi di un termine giuridico, forense, denotando un atto amministrativo della legge in questo caso, un verdetto di non colpevolezza e quindi, escludendo ogni possibilità di condanna.

 

Ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati (Rm 3,24-25). Quando dice nel (v.25) che “Dio Padre lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione” si intende l’opera di Cristo, e chi ha fede in questa opera sua e mai nostra, Lui diventa mezzo è strumento di grazia e giustificazione di salvezza!

 

Dunque, sempre “pieni di fiducia” e sapendo che siamo in esilio [1Pt 1,1+] lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo camminiamo infatti “nella fede” e non [1Cor 13,12 ;Rm 8,24]  nella visione, siamo “pieni di fiducia” e preferiamo andare in esilio dal corpo [Fil 1,21-30] e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale [Mt 25,19.31s ;Gv 5,27 ;Rm 14,10] di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa [Eb 11,6+]  “delle opere compiute” quando era nel corpo, sia in bene che in male (2Cor 5,6-10). Vedete come qui dice chiaramente che si la fede serve, ma a compiere le opere (v.10) per ricevere la ricompensa e non solo la fede!

Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2). Il compimento della fede sono le opere!

In Effetti dice S. Paolo: Dove dunque sta il vanto? È stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.  Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti!  Poiché unico è il Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede.  Togliamo dunque ogni valore alla Legge mediante la fede? Nient’affatto, anzi confermiamo la Legge (Rm 3,27-31).

 

Continua San Paolo dicendo: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma “non avessi la carità”, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, “ma non avessi la carità”, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma “non avessi la carità”, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità! (1Cor 13,1-13). Cioè se non avessi la carità delle opere sarei vuoto e un nulla cioè inesistente, e la nostra fede sarebbe come il fico che Gesù maledì (Mc 11,12-20) perché non gli ha dato i frutti per sfamarsi! E questo significa che Cristo si nutre di opere di carità e di amore che è la più grande di tutte!

A differenza dell’amore passionale ed egoistico, la carità (agape) è un amore di dilezione che vuole il bene altrui. La sua sorgente è in Dio che ha amato per primo (1Gv 4,19) e ha dato il suo Figlio per riconciliare a sé i peccatori (Rm 5,8; 8,32-39; 2Cor 5,18-21; Ef 2,4-7; cf. Gv 3,16s; 1Gv 4,9-10) e farne degli eletti (Ef 1,4) e dei figli (1Gv 3,1). Attribuito dapprima a Dio, cioè al Padre (Rm 5,5; 8,39; 2Cor 13,11.13; Fil 2,1; 2Ts 2,16; cf. 1Gv 2,15), questo amore, che è la natura stessa di Dio (1Gv 4,7s.16), si trova allo stesso titolo nel Figlio (Rm 8,35.37.39; 2Cor 5,14; Ef 3,19; 1Tm 1,14; 2Tm 1,13) che ama il Padre come ne è amato (Ef 1,6; Col 1,13; cf. Gv 3,35; 10,17; 14,31); come lui, anche il Figlio ama gli uomini (Gv 13,1.34; 14,21; 15,9) per i quali si è dato (2Cor 5,14s; Gal 2,20; Ef 5,2.25; 1Tm 1,14s; cf. Gv 15,13; 1Gv 3,16; Ap 1,5). È anche l’amore dello Spirito Santo (Rm 15,30; Col 1,8), che lo espande nel cuore dei cristiani (Rm 5,5+; cf. Gal 5,22), dando loro di compiere (cf. Rm 8,4) il precetto essenziale della Legge, cioè l’amore di Dio e del prossimo (Mt 22,37-40p; Rm 13,8-10; Gal 5,14). Difatti l’amore dei fratelli e anche dei nemici (Mt 5,43-48p) è la conseguenza necessaria e la vera prova dell’amore di Dio (1Gv 3,17; 4,20s); è il comandamento nuovo, che ha dato Gesù (Gv 13,34s; 15,12.17; 1Gv 3,23; ecc.) e che i suoi discepoli non cessano di inculcare (Rm 13,8; Gal 5,13s; Ef 1,15; Fil 2,2s; Col 1,4; 1Ts 3,12; 2Ts 1,3; Fm 5.7; cf. Gc 2,8; 1Pt 1,22; 2,17; 4,8; 1Gv 2,10; 3,10s.14; ecc.). È così che Paolo ama i suoi (2Cor 2,4; 12,15; ecc.) e che ne è amato (Col 1,8; 1Ts 3,6; ecc.). Questa carità a base di sincerità e umiltà, di dimenticanza e dono di sé (Rm 12,9s; 1Cor 13,4-7; 2Cor 6,6; Fil 2,2s), di servizio (Gal 5,13; cf. Eb 6,10) e di mutuo sostegno (Ef 4,2; cf. Rm 14,15; 2Cor 2,7s), deve provarsi con atti (2Cor 8,8-11.24; cf. 1Gv 3,18) e custodire i comandamenti del Signore (Gv 14,15; 1Gv 5,2s; ecc.), rendendo la fede efficace (Gal 5,6; cf. Eb 10,24). È il vincolo della perfezione (Col 3,14; cf. 2Pt 1,7) e «copre i peccati» (1Pt 4,8; cf. Lc 7,47). Appoggiandosi sull’amore di Dio, non teme nulla (Rm 8,28-39; cf. 1Gv 4,17s). Esercitandosi nella verità (Ef 4,15; cf. 2Ts 2,10), dà il vero senso morale (Fil 1,9s) e apre l’uomo a una conoscenza spirituale del mistero divino (Col 2,2; cf. 1Gv 4,7) e dell’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (Ef 3,17-19; cf. 1Cor 8,1-3; 13,8-12). Facendo abitare nell’anima il Cristo (Ef 3,17) e tutta  (2Cor 13,13+; cf. Gv 14,15-23; 1Gv 4,12), essa nutre la vita delle virtù teologali (cf. Rm 1,16+; 5,2+), di cui è la regina (13,13), perché solo essa non passerà (13,8) ma sfocerà nella visione (13,12; cf. 1Gv 3,2), quando Dio accorderà ai suoi eletti i beni che ha promessi a quelli che lo amano (2,9; Rm 8,28; Ef 6,24; 2Tm 4,8; cf. Gc 1,12; 2,5).

Tre cose: la persistenza della fede e della speranza mostra che Paolo non pensa qui alla vita dopo la morte. Il raggruppamento delle tre virtù teologali, che appare in Paolo già da 1Ts 1,3 e gli è forse anteriore, ritorna spesso nelle sue lettere, con diverse variazioni nell’ordine (1Ts 5,8; 1Cor 13,7.13; Gal 5,5s; Rm 5,1-5; 12,6-12; Col 1,4-5; Ef 1,15-18; 4,2-5; 1Tm 6,11; Tt 2,2; cf. Eb 6,10-12; 10,22-24; 1Pt 1,3-9.21s). Inoltre si trovano insieme fede e amore (1Ts 3,6; 2Ts 1,3; Fm 5), costanza (BC: «perseveranza») e fede (2Ts 1,4), carità e costanza (BC: «pazienza») (2Ts 3,5; cf. 2Cor 13,13).

Poi Giacomo chiarisce definitivamente che si la fede è importante per la salvezza, ma per produrre le opere a nutrimento di Cristo!

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?  Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2,14-18). Gli sviluppi precedenti sono chiariti con un’esposizione di principio. L’uditore della parola deve esserne anche un esecutore (1,22-25; cf. 4,11). Il punto di vista di Giacomo non è inconciliabile con quello difeso da Paolo (Rm 3,20-31; 9,31; Gal 2,16; 3,2.5.11s; Fil 3,9). Ciò che questi respinge è il valore delle opere umane per meritare la salvezza senza la fede in Cristo. Una tale fiducia nello sforzo che l’uomo fa per rendersi giusto misconosce il fatto che egli è radicalmente peccatore (Rm 1,18-3,20; Gal 3,22) e rende vana la fede in Cristo (Gal 2,21; cf. Rm 1,16+). Ma anche Paolo ammette che, dopo aver ricevuto la giustificazione per pura grazia, la fede deve essere esercitata mediante la carità (1Cor 13,2; Gal 5,6; cf. 1Ts 1,3; 2Ts 1,11; Fm 6) e che occorre osservare veramente la legge (Rm 8,4), che per lui è la legge di Cristo e dello Spirito (Gal 6,2; Rm 8,2), la legge dell’amore (Rm 13,8-10; Gal 5,14). Ciascuno sarà giudicato secondo le sue opere (Rm 2,6+). Tuttavia il pensiero di Giacomo, compreso quello relativo alla storia di Abramo (vv 22-23), è più vicino di Paolo a un certo tipo di giudaismo.

Vedere (Ga 5,6; Gm 1,22-27; Mt 7,21-27; Eb 11,17-19, 31; 1Gv 2,3-6)

Vedete: l'uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. Così anche Raab, la prostituta, non fu forse giustificata per le opere, perché aveva dato ospitalità agli esploratori e li aveva fatti ripartire per un'altra strada? Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta (Gc 2,24-26). Giacomo dichiara morta (cfr. Gc 2, 17) una fede senza le opere e cita gli esempi di Abramo e Raab per dimostrare che la giustificazione si consegue mediante le opere. Paolo afferma invece che l’ uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede (cfr. Gal 2, 16). In realtà non vi è contraddizione fra i due, perché la fede che Giacomo ritiene insufficiente è un semplice assenso dell’intelligenza a una verità innegabile. Quella di cui parla Paolo, invece, è una fede attiva, che si rende operosa per mezzo della carità (cfr. Gal 5, 6). Così, le opere dichiarate da Paolo inefficaci, sono le opere della Legge compiute prima della fede (cfr. Gal 2, 16); quelle che Giacomo proclama necessarie, sono le opere della carità conseguenti alla fede.

Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: “le opere” che il Padre mi ha dato da compiere, “quelle stesse opere” che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato (Gv 5,36).

Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti (opere) li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti (opere) buoni e ogni albero cattivo produce frutti (opere) cattivi; un albero buono non può produrre frutti (opere) cattivi, né un albero cattivo produrre frutti (opere) buoni. Ogni albero che non produce frutti (opere) buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti (opere) dunque li potrete riconoscere (Mt 7,15-20).

Fate dunque frutti (opere) degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti (opere) buoni viene tagliato e gettato nel fuoco (Mt 3,8-10).

Và, mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha già gradito le tue opere (Qo 9,7).

E udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: d’ora in poi, beati [1,3+] i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito –, essi riposeranno [Is 57,1-2 ;Eb 4,10 ;Mt 11,28-29]  dalle loro fatiche (opere), perché le loro opere li seguono» (Ap 14,13). Ora in poi, beati...: BJ traduce: «Beati...; d’ora in poi... essi riposeranno». Marcato contrasto fra il castigo degli empi e il riposo felice che attende i fedeli ( v 12 ) fin dal momento della morte (cf. 6,9-11 ).

Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa [Ap 14,13] anch’egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie (Eb 4,10). 

Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni (OPERE) (Mt 16,27).

La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: "Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti". E i discepoli l'udirono. La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: "Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato" (Mc 11,12-20); La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: "Non nasca mai più frutto da te". E subito quel fico si seccò (Mt 21,18-19).

Concludendo possiamo dire che a differenza sulle tesi dei protestanti, la chiesa cattolica ha perfettamente ragione ad insegnare che non basta solo la fede a salvarci, ma le opere!

Augusto Vassallo